Nunzio Quarto, scultore

SCULTURE in acqua, in piazza

Biennale di Scultura 2023

La gravida

Dalla fatica al frutto, 2001, bronzo, cm 250x95x148

La rondine torna sulla piazza

La ragazza che vive il sogno, 1998, bronzo, cm 60x163x145

Sculture in acqua, in piazza
Gocce d'arte
Rassegna d'arte contemporanea
Biennalie di Scultura e Pittura V Edizione
Piazzola sul Brenta
23 giugno - 20 ottobre 2023
Mostra a cura di
Pino Pin
Catalogo a cura di
Pino Pin
Testi di
Elio Armano – scultore e critico d’arte
Carla Chiara Frigo - critico d’arte della rassegna
Pino Pin - curatore della rassegna


Dialogo. Un giuramento: deporre le armi

Di fronte a questa scultura di Nunzio Quarto dal titolo «Dialogo. Un giuramento: deporre le armi», notiamo gli esiti della vita che promana dalle forme, con sfumature di colori, cancellature appena velate, scarni indizi interiori, scavi interni ai danni del ferro, indizi e ombre di una umanità sconvolta, lasciti di un messaggio in bottiglia, dimenticato sulla spiaggia e forse raccolto da un viaggiatore insonne. Così l’opera di Nunzio Quarto, racconta attraverso immagini poetiche e umananti il silenzio del viaggiatore insonne e i primi fiori che furono depredati dagli invasori; invece nelle città e nei campi gigli-bambini furono dimenticati dal sale e dal sangue della terra mentre le rondini partirono oltre le ombre del sole. Fu allora che suonarono sinistri carillon per i bambini lasciati alla guerra. Ed ecco la giostra di Nunzio Quarto, la giostra prossima ai nostri momenti, ai nostri giorni, giostra apparentemente medievale che ci ricorda gli scranni con il chiodo, il ferro, il buio della guerra, i giovani soldati morti nel freddo della terra. E tutto ciò per non dimenticare il gioco del fuoco, la tenebra che giunge a poco a poco. E così il sole declina sui corpi, sulle case distrutte dalle bombe, sugli alberi rimasti che bruciano a poco a poco. E giunge il grido dalla rondine che ci conferma che tornerà. Tornerà in piazza con ali di pace e bacerà il sole di brace. E la primavera degli occhi vedrà una luce nuova?

Nunzio Quarto

Nunzio Quarto nel suo studio di Milano Via R. di Lauria 22

La domanda scaturisce dalle evidenti metafore raccontate dall'opera, che ci parla di un gioco al massacro, di una giostrina per adulti di potere, di una giostrina che invita a fare dialogo, a fare manovre per negoziare, a far girare il cerchio su cui però sono situati sedili arrugginiti che hanno perduto la loro logica ludico-creativa. E la primavera degli occhi vedrà una luce nuova? La domanda scaturisce dalle evidenti metafore raccontate dall'opera, che ci parla di un gioco al massacro, di una giostrina per adulti di potere, di una giostrina che invita a fare dialogo, a fare manovre per negoziare, a far girare il cerchio su cui però sono situati sedili arrugginiti che hanno perduto la loro logica ludico-creativa.

Nunzio Quarto

Nunzio Quarto, “Dialogo. Un giuramento: deporre le armi”, 2020

Anzi, ci sono chiodi, su questi sedili o scranni imperiali; chiodi dispersi, dimenticati ai piedi di una croce e utilmente raccolti e adagiati sui sedili della giostra, che non è più giostrina per bambini, ma è una giostra medievale per uomini potenti che dovranno sedersi e discutere.[…]

Gli elementi costitutivi della scultura di Quarto pongono in primo piano l'umanità che vive in un teatro, su un palcoscenico che provoca dolore come se ciò fosse del tutto naturale e ammissibile. Invece occorre riscrivere un nuovo canovaccio osservando il fluire della storia, il qui e ora del momento storico. Così la profondità del gesto artistico di Quarto apre a orizzonti di senso e di sovrasenso. È un testo teatrale drammatico ciò che la giostra evidenzia con i suoi elementi acuminati. Un testo così drammatico che deve essere solo ascoltato, meditato e reso possibile nella sua richiesta: deporre le armi e fare presto per il cessate il fuoco. E poi, entrando nei dettagli dell'opera, osservare gli oggetti del freddo perenne del potere, la lezione della ferocia umana, la disperazione dei deportati e degli internati, il ferro acuminato degli strumenti di tortura. E la guerra è il più grande strumento per la tortura delle anime innocenti. Un freddo perenne, un freddo inferno, chiodi raccolti ai piedi di un crocifìsso, conficcati su una giostra per adulti che amano il potere per il potere. Solo i vinti possono chiedere la luce della primavera e il calore del sole.

E allora ci chiediamo quando la rondine della pace, in questa primavera, potrà tornare sulla piazza. Sarà questa una delle solite primavere oppure l'inverno è stato così freddo da impallidire anche le membra sul selciato? Pare che la rondine sia tornata sulla piazza per guardare avanti ma che senta il desiderio di voltarsi e guardarsi alle spalle. Perché? Cosa cercano i suoi occhi? La scultura di Quarto è immensa e nel contemplarla scopriamo che lo scultore barlettano chiede ai potenti di dialogare e raggiungere un accordo per deporre le armi attraverso la diplomazia.

Scrive Giuseppe Ungaretti: "Sono tornato ai colli, ai pini amati/ e del ritmo dell'aria il patrio accento/ che non riudrò con te, mi spezza ad ogni soffio.../Passa la rondine e con essa estate/ e anch'io, mi dico, passerò .../ Ma resti dell'amore che mi strazia/ non solo segno un breve appannamento/ se dall'inferno arrivo a qualche quiete ... (da "Il Dolore", 1947). Sarà possibile da un paesaggio infernale provocato dalla guerra arrivare a qualche quiete - si chiede il poeta Ungaretti -· oppure è lo strazio, l'accanimento contro l'umano ovvero la morte, il prezzo da pagare per raggiungere la libertà? La rondine della memoria del poeta è tornata sui colli dolorosi della guerra mentre la rondine di Nunzio, dopo gli strazi della guerra, chiede di tornare in piazza, di avviare un dialogo, di andare finalmente verso il sole.

Tratto da ricontemporaneo.org che cita un articolo di Giuseppe Lagrasta dedicato a Nunzio Quarto
la Gazzetta del Mezzogiorno, 17 aprile 2022


Nunzio Quarto, la dimensione umana e il dialogo interiore

di Giuseppe Lagrasta

Le sculture comunicano: attraverso gli esiti delle forme, le sfumature delle forme, le cancellature appena velato, gli scarni indizi che effondono le parole della mente e le immagini del cuore, i visi nascosti nel lume degli occhi dello scultore che hanno bisogno di nascere, di vivere sul palcoscenico del mondo. Le sculture di Nunzio Quarto rammentano il mondo, lo riflettono, lo pongono in primo piano. Rammemorano le persone, i volti, i contesti, vivacizzano gli angoli del tempo perduto, nascosto tra i rigagnoli delle penombre, tra i volti dei dimenticati, offrono spessore alle ceneri, alle figure astratte che racchiudono, fanno respirare le anime abbandonate tra i risvolti delle tenebre, dimenticate da Dio e dagli uomini. E la scultura di Nunzio Quarto: “Dialogo. Un giuramento. Deporre le armi”, è, in primis, la rappresentazione di un gioco, di una giostrina per bambini, di una giostrina che invita a fare cerchio, a fare manovre per fare girare il cerchio su cui sono raccolte delle sedie, dei sedili ludici che però, in questa scultura di Quarto hanno perduto la loro logica ludico-giocosa. Anzi, ci sono chiodi, su queste sedie, chiodi raccolti dalla croce di Gesù e conficcate nei sedili della giostra che non è più giostrina per bambini ma è una giostra medievale per gli adulti, per adulti che amano le guerre, che credono nelle guerre, che sono affascinati dagli esiti delle bombe, della morte dei bambini; sì, sono, questi adulti affascinati dalla morte degli innocenti, di anime innocenti che invece di giocare, stare a scuola, vivere il gioco dell’infanzia si ritrovano sotto i bombardamenti, cadaveri innocenti. Ma le sedie di quella giostra medievale, sono lì pronte per adulti che dopo aver bombardato e deciso di uccidere potrebbero sedersi su quelle poltrone chiodate e cominciare a fare il gioco che a loro non più, che a loro non seduce: il gioco del dolore. E sì, perché gli adulti che amano la guerra amano giocare con il dolore degli altri e non con il proprio dolore. E allora sedersi sulle sedie predisposte da Nunzio Quarto per questi folli e infelici che decidono della morte di anime innocenti, non sarà possibile. Ci sarà sempre il loro rifiuto. Ma perché soltanto loro, gli indemoniati della guerra, possono decidere e avere la libertà di rifiutare di sedersi sulla giostra negoziale mentre altri sono sotto le bombe e sono privati della loro libertà sovrana? La risposta a tali domande pone alti livelli di dolore e di immagini angoscianti. E’ difficile rispondere alle immagini provocate dalla guerra e dai bombardamenti, ma osservare la scultura di Nunzio Quarto che chiede ad adulti impazziti di sedersi su una giostra e dialogare; perché, aprire un dialogo, anche con il rischio di dissanguarsi, di rimanere uncinati dai chiodi medievali dei sedili ludico-creativi per adulti, che sono posti lì, sul sedile pronti a configgere il cuore allora gli adulti, in primis guerrafondai, che sono sempre nelle retrovie perché mandano i giovani a morire per primi, non si siederanno mai a dialogare per la pace su sedili con chiodi arrugginiti e ferrosi. Allora occorre leggere il messaggio che Nunzio Quarto comunica con la sua scultura: dialogare per un giuramento che porti alla pace, dialogare per porre fine alla morte gratuita, comunicarsi con la pace per essere umani di una umanità che unifica e non divide, che raccoglie e non frantuma, che non uccide ma accoglie gli esiti della libertà liberata. Allora leggendo l’opera di Quarto scopriamo con l’artista che occorre vivere con un nuovo linguaggio: l’alfabeto che promana dalla sua arte e in questo caso dalla sua scultura. Vi è una relazione forte tra la scultura e il nuovo alfabeto della pace esplicitato da Nunzio Quarto: abbiamo la giostrina dei bambini, i sedili chiodati, l’ombra del potere che possiede una giostra medievale che potrebbe essere uno strumento di tortura che possono applicare gli uomini del potere. Ma nel dolore che si vive ascoltando le immagini della scultura di Quarto, nasce un nuovo decalogo della pace; “non distruggere la vita; non massacrare; non tradire mai; rispetta l’altro nella sua libertà e umanità; ama la libertà per gli altri e per te stesso; non dimenticare di essere umano; non uccidere gli innocenti; non minare la terra di bombe; non uccidere affamando e facendo morire dissanguati poveri innocenti; rispetta la vita della vita deponendo le armi.” La scultura di Quarto: “Dialogo. Un giuramento. Deporre le armi”, consente di riflettere sulla guerra e sui dannati della terra che inseguono la libertà di essere e di vivere nella pace; e il linguaggio artistico del nostro artista effonde nell’aria una luce, una richiesta di catarsi. Come tramutare quella giostra medievale del dolore, della tortura e del silenzio in una giostra per bambini, come quelle che si osservavano nei parchi cittadini prima della guerra. Ebbene, è possibile la catarsi della giostra di guerra in una giostra di pace deponendo le armi, facendo cessare il fuoco. Soltanto così sarà possibile curare, aiutare e guarire, dare pace e sicurezza alle popolazioni coinvolte nelle guerre. La giostra medievale che chiede di deporre le armi giurando è una giostra che invita a un gioco etico e responsabile, dove gli uomini di potere, i guerrafondai, possano recepire il dolore cosmico e tutto umano che si nasconde nei corpi dei bombardati e uccise, dei feriti e non risparmiati dalla ferocia degli assassini. Scranni regali, allora, i sedili che partecipano della scultura-giostra di Quarto, uno scranno regale per gli uomini potenti della terra che però, sedendosi, dovranno adattarsi e sentire cosa vuol dire soffrire e morire dissanguati. Ci vorranno, allora, altre sedie, altri luoghi e altre stanze, altre circostanze e altre riflessioni per approfondire cosa significa la guerra per le popolazioni inermi e cosa vuol dire perdere tutto. E l’opera dello scultore barlettano ci rammemora che forse quella giostra medievale, con chiodi puntati sulla seduta e sullo schienale rappresentano la richiesta di sedersi a un tavolo di negoziazione e mediazione e pensare a fermare la guerra e arrivare al cessare il fuoco. Occorre un nuovo alfabeto della libertà per intercettare il dolore degli altri, le disperazioni di popoli che perdono tutto, nel giro di qualche giorno e non sanno più a quale santo votarsi per chiedere aiuto. Gli elementi costitutivi della scultura di Quarto pongono in essere un teatro del dolore ma anche un canovaccio per costruire una nuova storia. E cosa disamina l'osservatore dell'opera di Quarto? Quali orizzonti potrebbe abitare questo strumento umano, questa giostra medievale per potenti? La leggerezza del gesto artistico di Quarto apre a orizzonti di senso e di sovrasenso. Il teatro drammatico che pone in essere questa giostra per potenti. Il freddo perenne del potere, la lezione della ferocia umana, la disperazione dei deportati e degli internati, il ferro acuminato degli strumenti di tortura. E la guerra è un grande strumento per la tortura delle anime innocenti. Un freddo perenne, un freddo inferno, in ferro altezzoso, chiodi del crocifisso di Gesù depositati su una giostra per adulti che amano il potere per il potere. Le guerre lasciano distruzione e non assolvono nessuno. Solo i vinti possono chiedere la luce della primavera e il calore del sole. Nonostante la giostra sia medievale occorre sedersi comunque al tavolo della negoziazione, soffrire, essere coinvolti e colpiti da un dolore invisibile ma sedersi al tavolo per mediare a annullare il conflitto. Fermare la guerra L'opera di Quarto è un manifesto contro tutte le guerre e contro i potenti che non vogliono negoziare il dramma degli innocenti. Nel grande mare del dolore ricominciare a percepire i nodi che sconvolgono l'uomo del nostro tempo è importante, necessario e formativo anche per le giovani generazioni e Quarto lo realizza trasformando l'atto scultoreo in spirito poetico e con narrazione trasformativo- metaforica insidia le certezze dell'uomo post-umano. - La resistenza si sconta vivendo - ci suggerisce lo scultore Quarto – che attraverso la sua dinamica creativa interiore stimola la nostra grammatica esperienziale da condividere con l'umanità. Le opere di Quarto esprimono una poeticità diffusa, performativa, che apre al racconto della vita e della sorte, delle cose del mondo e delle parole che hanno bisogno di sopravvivere alle certezze di molti umani dalla irriverente e scontata superficialità. Gli esiti narrativi dell'opera di Nunzio Quarto aprono squarci di riflessione e di meditazione sul chi siamo ora, adesso, e poi con gli esiti lanciato della guerra, dell’assoluta certezza che la morte soltanto la morte sopravvive ad un'altra guerra mondiale.


Nunzio Quarto, la giostra medievale e il dialogo per la libertà

di Giuseppe Lagrasta

Nel silenzio delle esplosioni, nelle invasioni barbariche che accendono di fuoco l’aria e fanno urlare di paura l’umanità, i bambini, le donne e gli anziani, il sole, finalmente anche il sole, grida a Dio l’ultimo aiuto. E’ questa la prima immagine che ci sovviene osservando la scultura di Nunzio Quarto. “Dialogo. Un giuramento. Deporre le armi”. E quando il sole, chiede aiuto, allora, significa che il fuoco ha bruciato con le sue lamelle matrigne le anime umane, le anime bambine che non hanno conosciuto, fino in fondo, l’amore di Dio. E allora, qualcuno, un artista, uno scultore, un poeta, qualcuno, dovrebbe farsi carico della responsabilità di narrare la ferocia crudeltà della guerra, la malvagità delle ombre che massacrano nella notte i sogni che i giovani, soprattutto i giovani, sentono come mandato di civiltà responsabile degli anziani, impreparati, forse, nel delegare la lotta per la libertà.

E allora, ci chiediamo cosa racconta, cosa dice, d’improvviso, d’imprevisto e d’inatteso, la scultura di Quarto? Cosa ci racconta, nella sua unicità drammatica, la metafora madre della scultura qui rappresentata? Prima di tutto ci chiede di fare epochè, di interrogarci, di attraversare con lo sguardo l’assurda guerra che ci è intorno, e ancora, ci invita a scorgere dall’immagine drammatica della scultura, l’esplosione di un mondo inatteso, ancora l’inatteso che esplode. E cosa ci narra la metafora madre racchiusa in questa scultura? Lo scrive Cesare Pavese: “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi/questa morte che ci accompagna/dal mattino alla sera, insonne,/sorda, come un vecchio rimorso/o un vizio assurdo. I tuoi occhi/saranno una vana parola,/un grido taciuto, un silenzio.” Così scrive Cesare Pavese, dalla lontananza dei suoi silenzi, dai suoi vissuti tormentati, dai giorni di guerra, dal dramma personale vissuto durante la Resistenza. E così, i cittadini e le cittadine, i bambini e le bambine, sotto i bombardamenti non trovano rifugio se non sottoterra, nel buio grigio ventre della terra, freddo, assurdo, nel grido taciuto, mentre le parole ultime delle vittime riposano su labbra morte e sono ormai al di là del freddo perenne, nascoste tra le ombre vive dei morenti. E Pavese ci dà una grande lezione riflessiva, perché la morte ci accompagna come un vecchio rimorso e chi osserva la scultura di Nunzio Quarto si rende conto, che quei chiodi, quelle lance acuminate che vorrebbero uccidere la colomba della pace e, sono lì lì, per farlo, ad un tratto, nell’imprevisto di un movimento di questa triste e sfuggente giostra medievale, nella minaccia invisibile di questa giostra girevole, fatta per gli adulti che sono al potere e non vogliono trovare la pace attraverso il dialogo, ad un tratto, una leggera scossa invisibile, muove il tristo gioco della giostrina, - un tempo usata dai bambini-, impedisce alle lance acuminate di colpire la colomba. E’ questo movimento imprevisto e inatteso che salva la colomba oppure il Dio della pace è appena intervenuto per non uccidere la testimonianza del vivere umano, la figura della colomba che emana quel colore e quel movimento tutto interiore di libertà?

La libertà di volare e volare, libera nel cielo senza intercettare ali di acciaio, braccia di acciaio. Aerei d’attacco e da bombardamento. Così, il tempo della guerra scandisce le sue ore e i suoi morti e la giostra è sempre lì, che attende i barbari medievali e li invita a sedersi sulla giostra per ridare un poco di ossigeno agli ultimi salvati dalle bombe. E inatteso, un senso di vertigine, uno sbandamento, un attimo di paura, il senso del pericolo e d’un tratto, come per incanto, la giostra, battuta da un vento forte e violento, comincia a girare da sola, senza bambini e soprattutto senza barbari adulti, comincia a girare, a girare, e un gruppo di bambini, appena arrivati nei pressi della giostra si accorge dei chiodi acuminati che spuntano dai sedili e fermandosi, continuano a cantare, cantano un inno alla libertà, un inno alla vita e alla gioia, si rendono conto che non potranno più salire su quella giostra perché si è trasformata in un’arma acuminata, tra chiodi e lance. Così, piano, quando il vento tace e la giostra comincia a fermarsi, loro, con calma continuano a cantare. Ma poi le voci dei padri e delle madri invitano i bambini a scendere nel bunker perché le sirene annunciano un nuovo bombardamento, l’arrivo di aerei pronti a sganciare altre bombe per uccidere innocenti, per ammazzare gente che vorrebbe solo riprendere a vivere una vita normale. E i bambini si stringono ai padri, prendono per mano le madri, si stringono ai fratelli e alle sorelle, si stringono forte ad altri bambini e vorrebbero, in quel momento, invece di scendere nel bunker per non rimanere uccisi, vorrebbero, proprio in quel momento, giocare, sostare all’aria aperta, godersi il sole di primavera, il sole caldo che innamora i fiori e dona vita alla terra fredda e invece di giocare, di inventarsi un altro girotondo per ritornare a vivere in piena libertà, sono costretti a scendere nel bunker in attesa di un nuovo bombardamento, di nuove esplosioni, sangue e dolore, paura e morte. Ma ormai la giostra è lì, ferma, immobile, solitaria, feroce, di una ferocia senza tempo e senza rimpianto. Ormai l’aria è ferma, sospesa. Leggero un aquilone, appare e all’improvviso, dispare, inghiottito da una nuvola di nero fumo. Non più sole, non vento, ma rumori sordi di sirene, fuoco ed esplosioni. Ma la giostra è lì, a testimonianza della guerra, della morte e del fuoco perenne che uccide anche i santi, che uccide anche l’invisibile sostanza delle ombre.

Scrive Salvatore Quasimodo nella poesia “Uomo del mio tempo”: “Sei ancora quello della pietra e della fionda,/uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,/con le ali maligne, le meridiane di morte,/t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,/alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,/con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,/senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,/come sempre, come uccisero i padri, come uccisero/gli animali che ti videro per la prima volta/.” La poesia di Quasimodo, ci supporta nel sottolineare che la giostra medievale costruita da Nunzio Quarto, un tempo giostra per i bambini, si è trasformata, è stata inventata da oscuri figuri, barbari violenti e ferini, in uno strumento di tortura, una ruota di tortura per chi ha voluto la guerra, per chi crede che con la guerra si possono risolvere tutti i problemi. E allora abbiamo bisogno di libertà e di libertà creativa, di libertà nei segni e nei racconti, nei disegni e nelle descrizioni, nelle parole e attraverso le cose che inventiamo e costruiamo. E Nunzio Quarto, con l’opera scultorea: “Dialogo. Un giuramento. Deporre le armi”, invita a credere in una dimensione dialogica, in una forza generativa, qual è quella della parola che anche attraverso lacerti di suoni, di gesti e di movimenti del corpo fanno dell’animo umano uno scrigno, che tra dolore e ragione, poesia e speranza, comunica sia l’ira del deserto che l’amore di Dio. E nel frastuono metallico e l’odore arso degli alberi tutti aspettano l’arrivo della primavera, la sorgente della terra, il fiorire della natura, il nascere di una speranza, sperando nella tenerezza degli occhi di un germoglio che ancora, illumina d’intorno.


Biennale_scultura_brenta_2015

Tensioni plastiche generate da spinte che dall'interno premono verso l'esterno sono risolte secondo un linguaggio di matrice cubofuturista per le linee dinamiche che rinforzano i volumi e per la concezione plastica scandita da piani che intersecano o definiscono geonetricainente la pienezza delle forme. I temi indicati dai titoli alludono a realtà e a fenomeni naturali dei quali l'artista sembra assorbire il senso profondo della materialilà e della concretezza che traduce come entità supreme, avviluppate nella loro assolutezza formalistica.

La gravida

La gravida, 1988, bronzo patinato, cm 150x140x100

La rondine torna sulla piazza

La rondine torna sulla piazza, 1986, bronzo patinato, cm 220x135x150

Villa Contarini

Sculture in acqua, in piazza, in aria
Rassegna d'arte contemporanea
Biennalie Scultura II Edizione
Piazzola sul Brenta
24 aprile - 28 ottobre 2015
Mostra a cura di
Pino Pin
Catalogo a cura di
Pino Pin
Testi di
Pino Pin, Vittoria Coen
Boris Brollo, Carla Chiara Frigo